7 Aprile 2025

I tre pilastri essenziali di un Family Office

Quando una famiglia si rende conto di avere un patrimonio “ingombrante” – non solo in termini di valore, ma soprattutto di complessità – spesso la prima sensazione è di smarrimento. Si hanno partecipazioni aziendali, immobili distribuiti su più città, conti bancari e strumenti finanziari in diverse banche, e magari opere d’arte o altri beni che non si sa bene come valorizzare. Eppure, la percezione comune è che, salvo eccezioni, i grandi patrimoni siano gestiti dalle famiglie come “capitoli separati”: un po’ di finanza da una parte, i beni reali dall’altra, l’azienda in mezzo a tutto questo, senza una regia capace di unire i vari pezzi.

Un dato sorprendente: quante società di capitali in Italia superano i 5 milioni di patrimonio netto?

Ecco la risposta: appena il 3% delle aziende in Italia ha un patrimonio netto superiore ai 5 milioni di euro; eppure, se allargassimo lo sguardo alle famiglie che posseggono patrimoni di valore (sommando immobili, quote societarie, investimenti finanziari, opere d’arte, ecc.), scopriremmo che tali nuclei “benestanti” sono numerosi.

Il paradosso è che, a fronte di aziende con un patrimonio spesso inferiore ai 5 milioni ma dotate di strutture organizzative formalizzate (consiglio di amministrazione, CFO, revisori, piani di controllo, ecc.), molte famiglie con mezzi superiori ai 5 milioni si ritrovano prive di un equivalente “centro di regia”. Spesso non esiste un “consiglio di famiglia” che stabilisca criteri di governance, un piano di gestione degli asset o un reporting periodico.

Questa discrepanza è il nodo cruciale: perché un’azienda anche piccola si dà procedure e strategie, mentre una famiglia con mezzi decisamente maggiori non fa lo stesso? Proprio a questa domanda cerca di rispondere il modello del Family Office, che mira a trasformare la gestione di un patrimonio complesso in un’attività metodica e organizzata, con la stessa cura e programmazione che si riserva a un’impresa ben strutturata.

Il Family Office: un “centro di controllo patrimoniale”

L’idea di Family Office nasce per risolvere una questione essenziale: l’assenza di coordinamento. A differenza di banche, consulenti finanziari o singoli professionisti, il Family Office ha una visione “globale” che unisce:

• Consapevolezza finanziaria (dove investo, con quali rischi, quali costi sto sostenendo?).
• Protezione legale e fiscale (statuti societari, holding, trust, patti di famiglia).
• Cura della governance (chi decide? con quali criteri? come avviene il passaggio generazionale?).
• Dimensione valoriale, dal contributo al territorio agli investimenti sostenibili.

Perché parlare di “centro di controllo”? Perché senza un unico luogo in cui convogliare le informazioni, ci si ritrova con consulenti che lavorano in parallelo, generando inefficienze, commissioni multiple, o addirittura mosse strategiche incoerenti. In un Family Office, invece, si parte dai bisogni e dagli obiettivi della famiglia e si costruisce un metodo, evitando che gli asset (aziendali, immobiliari, finanziari) restino confusi o separati.

Per costruire un “centro di controllo” che gestisca efficacemente un patrimonio complesso, è fondamentale fare riferimento a principi solidi che possano orientare ogni decisione. Non si tratta solo di avere una struttura organizzativa, ma di farla poggiare su basi concrete che rendano coerente e armoniosa la gestione del patrimonio. In questo senso, il Family Office si fonda su tre pilastri essenziali: Consapevolezza, Purpose e Longevità.

Consapevolezza

La Consapevolezza è il fondamento di ogni progetto patrimoniale serio e duraturo. Se ti ponessi ora alcune domande sul tuo patrimonio, sapresti rispondere con certezza?

Quanto vale precisamente il patrimonio?

Qual è stato il rendimento globale dello scorso anno?

Quanto ti è costato gestire il tuo patrimonio lo scorso anno?

Sei consapevole dei rischi a cui è stato esposto?

Non si tratta soltanto di elencare i propri beni – conti bancari, investimenti, immobili, collezioni, partecipazioni aziendali – ma di comprendere davvero quale sia il loro peso e quali le interazioni reciproche. Un punto cruciale è rendersi conto che molti costi, spesso invisibili, erodono il rendimento complessivo anno dopo anno: commissioni su fondi, costi di intermediazione bancaria, polizze duplicate, strumenti più complessi del necessario. Fare luce su questi aspetti può portare a scelte più coerenti con gli obiettivi di famiglia.

Avere consapevolezza, però, vuol dire anche sapere come ogni asset produce (o non produce) reddito. Per esempio, un immobile può sembrare “tranquillo” perché percepito come bene rifugio, ma se non genera alcun flusso di cassa, rischia di diventare un costo mascherato (spese di manutenzione, tasse, eventuali ristrutturazioni). Analogamente, chi investe in obbligazioni “apparentemente sicure” potrebbe ignorare i rischi di controparte, o di tasso di interesse, oppure le commissioni implicite nei prodotti sottoscritti. Consapevolezza, quindi, significa dedicare tempo e risorse a fare un’analisi dettagliata e continua: quante banche utilizzo? Esistono alternative a costi inferiori? Sto davvero compensando plusvalenze e minusvalenze in modo efficiente?

Un ulteriore aspetto della consapevolezza è capire come questo patrimonio si inserisca nella vita reale della famiglia. Quali sono le vere necessità di spesa, oggi e in futuro? Quanto capitale può essere immobilizzato per 5, 10 o 15 anni senza impattare sugli stili di vita? Senza una mappa chiara della ricchezza – un vero e proprio “bilancio consolidato” – si rischia di agire per comparti, affidandosi ai singoli consulenti senza una visione unitaria. In definitiva, se non so cosa sta succedendo e dove “lascio” valore per strada, non posso neppure prendere decisioni avvedute. Ecco perché il primo passo di un Family Office è sempre la creazione di un quadro completo, da aggiornare e monitorare con costanza.

Purpose (Scopo)

Il secondo pilastro, spesso trascurato, è il Purpose, ovvero la ragione profonda per cui una famiglia desidera difendere e accrescere il proprio patrimonio. Se gli altri due pilastri (Consapevolezza e Longevità) si concentrano sul “come” e sul “quanto”, il Purpose si interroga sul perché.
Cosa spinge davvero una famiglia a mantenere o far crescere la sua ricchezza?
Si potrebbe mirare a uno standard di vita elevato, a investire in territorio e comunità, a sostenere attività di ricerca e innovazione, a creare opportunità lavorative, o a sviluppare iniziative filantropiche.
Chiarire lo scopo richiede un confronto profondo all’interno del nucleo familiare. È un momento in cui si mettono a fuoco valori e priorità, creando un collante identitario che, in prospettiva, evita divergenze e conflitti. Se, per esempio, una famiglia decide di orientare parte del patrimonio in progetti “ESG” (Environmental, Social, Governance), quel principio guida inciderà sulla selezione dei gestori, sul tipo di immobili da acquistare, sulle aziende in cui entrare come investitori e persino sul modo di fare filantropia. L’adesione a determinati criteri, che siano di sostenibilità ambientale o di sviluppo locale, dona coerenza alle scelte e coesione ai membri della famiglia.
Un altro aspetto cruciale del Purpose è la dimensione filantropica. Molte famiglie di grande tradizione non si limitano a donare denaro in modo sporadico, ma progettano fondazioni o veicoli che possano avere un impatto duraturo nel tempo. Il Family Office, in questo quadro, accompagna il nucleo familiare nella definizione di un piano filantropico strutturato, calibrando l’entità delle donazioni e identificando le aree in cui si vuole lasciare un segno positivo. Questa prospettiva non esclude certo la ricerca di un rendimento solido sugli investimenti, ma ne amplia la portata, collegandola a finalità che trascendono il solo beneficio economico.
In definitiva, il Purpose è ciò che rende “vivo” un patrimonio e lo sottrae all’inerzia di un accumulo fine a sé stesso. Essere chiari su cosa si vuole ottenere con i propri beni – un benessere famigliare stabile, una dinamica di crescita economica locale, progetti sostenibili, formazione per le generazioni future – aiuta a prendere decisioni coerenti e motivanti. E, non di rado, è proprio questa chiarezza a fare la differenza fra una famiglia che si disgrega e una che, al contrario, si unisce attorno a un’idea di continuità e di impatto sul mondo.

Longevità

Il terzo pilastro è la Longevità, un termine che rimanda alla capacità di far durare il patrimonio nel tempo. Per molte famiglie, l’orizzonte “naturale” non è qualche anno, ma almeno una generazione, se non di più. Nel mondo della finanza tradizionale, tuttavia, domina spesso la logica del breve termine: massimizzare i rendimenti trimestrali, sfruttare le oscillazioni dei mercati o immettere prodotti ad alta rotazione. Questo approccio frenetico può entrare in conflitto con la vera natura di un patrimonio che deve garantire stabilità, difendere il potere d’acquisto e sostenere progetti a lungo termine.
Una scelta sbagliata oggi può compromettere l’azienda o gli immobili di famiglia di domani, con ripercussioni non solo economiche, ma anche relazionali. Così, la longevità diventa un criterio che orienta ogni decisione, dalle coperture assicurative al passaggio generazionale, dalla formazione dei figli in materia di gestione patrimoniale alla definizione di regole di famiglia volte a prevenire conflitti.

Parlare di Longevità significa anche dotarsi di patti di famiglia o statuti societari chiari, creare holding o strumenti che evitino una frammentazione disordinata delle quote. Significa, inoltre, studiare una corretta pianificazione fiscale, per evitare che tra 20 o 30 anni gli eredi si trovino a dover vendere asset strategici solo per pagare tasse o sanare imprevisti. Da questo punto di vista, la longevità comporta la costruzione di un ecosistema che favorisca la continuità, con Audit periodici e un monitoraggio delle scelte nel tempo, proprio come avviene nelle grandi imprese che pianificano il proprio futuro su orizzonti ampi. Questa mentalità da impresa è l’unico modo per garantire che il patrimonio non si sbricioli in mille rivoli di spesa o in cause legali tra parenti.

Perché tutto questo è cruciale
Emerge, in sintesi, che le famiglie con patrimoni articolati hanno un bisogno essenziale: avere una struttura, un metodo, che metta ordine nei mille aspetti frammentati. Fare a meno di un Family Office – o di un servizio con la stessa logica – significa lasciare che la complessità generi costi occulti, conflitti, rischi finanziari non gestiti. Significa anche rinunciare a una visione valoriale e di lungo periodo, riducendo il potenziale benefico che un grande patrimonio può esercitare nel territorio, nelle nuove generazioni e nel tessuto imprenditoriale.

In un Paese come l’Italia, dove tante famiglie “mediamente benestanti” potrebbero trarre vantaggio da una struttura di controllo e coordinamento, la sfida è diffondere questo concetto anche oltre la ristretta cerchia dei patrimoni “giganteschi”. Senza un disegno d’insieme, si finisce per collezionare prodotti finanziari e immobiliari che si elidono a vicenda. Con un Family Office, si inverte la prospettiva: non si parte dal singolo prodotto, bensì dai tre pilastri – consapevolezza, longevità, purpose – e si costruisce una strategia coerente.

Chi possiede un patrimonio complesso non deve limitarsi a “gestire soldi”, ma prendersi cura di un intero sistema. Non si tratta soltanto di calcolare la redditività, bensì di comprendere e dominare la complessità. E, come sottolinea Patrizia Misciatelli, Presidente di AIFO, c’è un “obbligo morale” di guardare al futuro: non è il denaro di oggi, ma un valore che va oltre la singola generazione.
Ponendosi domande come:

“Dove voglio che sia il mio patrimonio fra dieci, vent’anni?”
“Quali valori voglio trasmettere ai miei figli?”

ci si rende conto che, a volte, la soluzione non è semplificare a tutti i costi, bensì accettare la complessità e canalizzarla in un progetto di crescita duraturo. Ed è in quest’ottica che il Family Office diventa uno strumento che aiuta la famiglia a navigare il proprio mare di risorse, scelte e responsabilità.

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